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giovedì 2 maggio 2024

Nicolò Amati

strumenti dallo stile inconfondibile

Nicolò Amati
La famiglia Amati è tra i nomi di paggiore spicco nella storia della liuteria mondiale. Il capostipite Andrea, padre di Antonio e Girolamo, inizia la sua attività di liutaio intorno al 1520 e trasferisce ai figli la stessa passione e tecnica. Girolamo avrà numerosi figli, uno dei quali fu Nicolò che nacque il 3 dicembre del 1596. Quest'ultimo diventerà uno dei più grandi liutai, crescendo a sua volta allievi che faranno di Cremona la Città del violino.
La storia tuttavia è, a quei tempi, fatta di disgrazie ed eventi funesti. Negli anni venti l'attività di Antonio e Girolamo fu particolarmente positiva, la loro bottega produceva strumenti che varcavano ogni confine, ma nel 1630 tutto questo fervore venne interrotto da un fatto terribile; Cremona, come tutto l'intero Occidente, venne colpita dalla peste e nella famiglia Amati morirono Girolamo, la moglie ed altri due membri della famiglia.

Nicolò dovette prendersi carico della famiglia e di tutte le responsabilità della bottega. Nello stesso periodo la tradizione bresciana cessò di esistere, dando così campo libero alla famiglia Amati e l'attività riprese il ritmo; stupisce però la rarità di strumenti giunti fino a noi. Nella bottega lavorava anche il cognato Domenico Meneghini (marito di Vittoria); i rapporti tra i due sembrano essere stati molto buoni, tanto che nel 1632 diventarono soci, ma solo un anno dopo l'accordo venne meno e Nicolò risarcì Meneghini con 600 lire, liquidandolo.

Rimasto unico proprietario dell'attività, nel 1642 prese a carico tre giovani, probabilmente figli di una cugina. Resosi conto che tre lavoranti non bastavano, intorno al 1641 fece entrare nella sua casa apprendisti esterni che negli anni successivi cambiarono frequentemente; tra questi compaiono anche nomi stranieri. Nella lista dei "lavoranti" troviamo Bartolomeo Pasta nel 1660, Giovanni Battista Rogeri nel 1661-62, Giacomo Reilich nel 1683-85, Giacomo Gennaro e persino Andrea Guarneri.
Quest'ultimo visse con Nicolò Amati dal 1640 al 1647 e poi ancora dal 1650 per qualche anno ed anche dopo il matrimonio continuò a vivere nella casa del maestro con la moglie, per poi trasferirsi nella casa a fianco mantenendo rapporti di lavoro ancora per molto tempo. Il 23 Maggio del 1645 all'età di 48 anni, Nicolò si sposò con Lucrezia Pagliari di dodici anni più giovane, e dal matrimonio nacquero quattro figli maschi e quattro femmine. Il secondogenito, nato il 26 Febbraio del 1649, è Girolamo, chiamato Girolamo II, per non confonderlo con il nonno, e sarà l'ultimo liutaio della famiglia Amati.
Questo fu un periodo di grande successo per Nicolò Amati tanto che decise di acquistare una casa ed un pezzo di terra nel contado fuori Cremona per 576 ducatoni che si impegnò a pagare a rate. Poco tempo dopo, nel corso di una campagna militare condotta dal duca di Modena, la casa venne distrutta e gli ci vollero 40 anni per saldare il debito. Negli anni sessanta la bottega vide l'inserimento di Girolamo, che progressivamente prese in mano le redini dell'attività. In questo periodo pare lavorasse con loro certo Giovanni Segher (Jaeger) che morì nel 1682.

Nicolò dominò la scena della liuteria cremonese per più di 50 anni e fissò definitivamente un modello di violino. Modificò ed ampliò i modelli del padre in modo da dare agli strumenti più emissione e maggiore potenza e perfezionò sempre più le sue opere, tanto che per secoli verrà imitato e influenzerà tutti i liutai del 700. Probabilmente anche Francesco Ruggeri e Antonio Stradivari iniziarono la loro attività nella bottega Amati, anche se non vi sono documenti che lo dimostrino indiscutibilmente, ma essendo di Cremona non dovevano necessariamente abitare con il maestro.
L'unica prova che Stradivari abbia lavorato da Nicolò è in un violino del 1666, nella cui etichetta si definisce discepolo di Amati.
Nicolò Amati morì il 12 Aprile del 1684 e venne sepolto nella chiesa di Sant'Imerio. Oggi sono rimasti molti suoi violini e viole, mentre sono rari i violoncelli.

I violini misurano di cassa 34 e 35.4 cm i grandi, le linee sono molto curve, le punte lunghe, ma più corte di quelle del padre, molto precisa la filettatura, la vernice è di colore marrone arancio un poco rossiccia, la sguscia diventa più profonda, le teste hanno tutte lo smusso piccolo e l'occhio parte dall'alto, il sottogola è posto al centro, né alto n´ basso.
Rispetto al padre, il suo è un lavoro molto superiore e presenta uno stile inconfondibile.
La bottega, dopo la morte di Nicolò, passò a Girolamo II, ma iniziano serie difficoltà che portano la lunga storia della famiglia Amati a concudersi con la morte del figlio, ormai novantenne ed affetto da disturbi mentali.
Per 200 anni gli Amati, su tutti Nicolò, hanno scritto la storia della liuteria cremonese, lasciando in eredità alla città un marchio e un prestigio che rimarrà per sempre.
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